PICTURA DE/GENERE, testo di Anna Cochetti, Studio Poerio, Roma 2017

 

(...) Con alchemica forza attrattiva le pagine pictae della nuova narrazione che Silvana Leonardi viene dispiegando convergono e precipitano verso il centro dello spazio bianco, saturandolo quasi di immagini sacre, ove la “pictura de genere” rimanda per fragmenta i riflessi – catturati per illuminazioni tra luce, limite ed ombra – di individualità femminili fuori norma, eroine alla ricerca della dea, che hanno affermato e pagato con un’esistenza degenere la loro rivendicata diversità, penetrati e disvelati, attraverso l’arma dello sguardo (nell’accezione nancyana) e della pittura.

Laddove l’apparire e l’essere tracciano quella che l’artista stessa definisce una rete di “mappe mentali e costellazioni”, riflessa in un vorticoso gioco di “specchi multipli che ridanno immagini sovrapposte e incrociate”, in fondo alle quali si può intravvedere in filigrana il ritratto del ritraente e/o del riguardante, più ancora che quello del soggetto ritratto.

E il viaggio di Silvana Leonardi, l’enquête alla ricerca di un possibile Sé/Altro da sé, nasce da lontano, tra immagini, visioni, scritture, memorie e inconscio, come una personalissima discesa agli inferi, da cui risalire, Euridice ed Orfeo al tempo stesso, per ricomporre, sub specie aesthetica, lacerti di coscienza/conoscenza, cui gli archetipi mitologici al femminile non sono estranei, come dai Drómoi.

Fondamento, strategia e sostanza dell’inchiesta è lo sguardo: lo sguardo appuntito dell’artista – teso a penetrare nei meccanismi e nella substantia dell’immagine del Mito “de genere”, che siano dee o eroine o donne, ineludibile e indicibile. E l’ambiguità che è la condizione stessa della poesia e dell’arte – è la condicio sine qua non l’artista contemporaneo affronta l’enigma degli altrui volti, sguardi, vissuti, e lo tenta.

A partire dalla Divina Greta Garbo, una sorta di introiettata Grande Dea/Super Io – il primigenio Volto del Mito assunto da Silvana Leonardi ad incipit dell’ indagine al tempo stesso quale oggetto dell’indagine e quale luogo della messa in scena dell’indagine stessa, necessitante assunzione dell’arte quale modalità dell’esistere e del conoscere, e perturbante metafora del percorso di riconoscimento e presa di coscienza dell’immagine di Sé in rapporto all’Altro-da-Sé, che l’artista mette in essere.

In mezzo le illuminazioni diversamente perturbanti di Elsa von Freytang, Berthe Morisot, Amalia Guglielminetti, Louise Bourgeois, Tamara de Lempicka, Titina Maselli, Ingeborg Bachmann, Mina Loy, Edith Piaf, Vita Sackerville-West, Emily Dickinson.

Per finire con la Divina Marlene Dietrich, che diviene da ultimo soggetto/oggetto del transfert identitario nella parola scritta dell’artista.

 

Anna Cochetti